Messaggi di apertura alla speranza e sentimenti condivisi di umanità sono stati il convinto collante dei partecipanti al convegno “La speranza tra ragione, sentimento e fede”, svoltosi lo scorso 11 febbraio per la XXXIII Giornata Mondiale del Malato. Un evento importante che a Milano, presso il Polo Riabilitativo Fanny Finzi Ottolenghi di via Isocrate, ha visto la partecipazione e le relazioni di professionisti e responsabili di Istituzioni sanitarie, culturali, religiose, che si occupano stabilmente della salute fisica e mentale delle persone in sofferenza, e dei risvolti sociali, psicologici, spirituali.
Le motivazioni per le quali quest’anno la Giornata del Malato si è celebrata nella location del citato Polo Riabilitativo sono state enunciate, in apertura di convegno, dal prof. Antonio Frizziero (Direttore Dipartimento di Riabilitazione ASST Pini-CTO): “Fragilità e speranza sono elementi indissolubili che caratterizzano un momento difficile nella vita dei pazienti e delle loro famiglie, e gli operatori sanitari hanno il compito di offrire tutto il sostegno possibile… La speranza di tornare come prima o meglio di prima, nel percorso di cura, passa attraverso competenze tecniche, mediche, riabilitative, assistenziali, l’attenzione alla persona, buoni rapporti umani e spazi di eccellenza. Capiamo meglio in che senso la sofferenza sia da iscrivere in un contesto di relazioni, di prossimità e di responsabilità… E’ proprio qui che la sofferenza sfuma a favore della speranza. Ecco perché siamo qui al polo riabilitativo”.
E proprio il tema della “speranza” è stato declinato in vari modi come il motore indispensabile nella cura e ripresa a nuova vita dei pazienti. Coordinati dal Dott. Giovanni Muttillo, si sono succeduti gli interventi dei relatori, preceduti dal saluto istituzionale della Dott.ssa Paola Lattuada (Direttore Generale ASST-Pini-CTO).
Mons. Dario E. Viganò (Vicecancelliere della Pontificia Accademia delle Scienze) ha parlato di “La speranza: la più piccola delle virtù”, considerando che ci si riappropria del senso della speranza proprio quando essa viene a mancare ed in particolare “quando la vita presenta i conti del fallimento oppure i conti di un inesorabile dissolvimento di un futuro, un futuro pensato come esperienza della propria possibilità progettuale”.
Una riflessione, quella di Viganò, sugli esiti diagnostici di malattie che al malato “a volte giungono come preannunciata sentenza di morte”, messi a confronto, in analogia, con l’esperienza della ‘diaspora’, l’esperienza (che è paradigmatica) dell’esilio che ha segnato la storia d’Israele, come vera e propria esperienza di trauma, che nega la possibilità di una promessa e realizzazione di un futuro; “pensiamo – dice Viganò – ad esperienze di vite in cui, presso una clinica oncologica, di fronte ad una diagnosi nasce un senso di disperazione e appunto di non speranza, e non si scorge più la possibilità di un futuro nel quale realizzare una promessa”. Come allora seguire una speranza?
Proprio dall’esperienza della storia d’Israele, quando con l’esilio tutte le sicurezze vengono meno – continua Viganò – e cadono tutti i miraggi illusori e le garanzie consolidate (cioè la perdita della terra, la deportazione, la distruzione del tempio, l’interruzione della monarchia di Davide), tutto ciò fa sì che Israele inizi a vivere una fede priva di rassicurazioni senza alcuna garanzia. L’analogo di Israele è l’ammalato, che non può più contare su risorse esteriori e sulle sicurezze della propria esistenza. Ma proprio facendo posto al reale, cioè la scomparsa delle ‘garanzie’ per lasciare posto al vuoto ed alle disillusioni la salvezza giunge a compimento tramite ‘segni irriconoscibili di salvezza’ (Gesù si immerge nel Giordano non come re potente ma come peccatore, come uno qualsiasi che chiede di essere battezzato; la sua morte come offerta salvifica che concretizza la speranza, come ‘segno’ apparentemente ‘irriconoscibile’). A confortare questa riflessione la citazione anche della poesia di Pablo Neruda “Ti saluto o speranza, che vieni da lontano…” e dei Salmi 27, 62, 71.
“Pellegrini di speranza nelle diverse religioni” è stato il tema del successivo intervento, a cura di Mons. Pierfrancesco Fumagalli (Dottore Emerito Biblioteca Ambrosiana e Presidente associazione ‘Insieme per Prenderci Cura’ (IPC) di Milano).
Fumagalli ha proposto anzitutto, come motivo di ispirazione, un’immagine del 1273 “Simposio medico” che risulta significativa sia per la storia della medicina sia per i significati circa la situazione d’oggi o molto probabilmente il futuro degli ospedali (interculturali e religiosi): l’immagine ritrae, ad Alessandria d’Egitto, un simposio di medici provenienti da vari Paesi dell’Oriente e l’autore è un medico cristiano assiro d’Oriente, direttore degli ospedali musulmani di Bagdad e consulente dell’imperatore e del Patriarca di Costantinopoli al tempo di Michele Cerulario (1.055).
Coerente con la titolazione della sua relazione, Fumagalli ha mostrato come in tutte le religioni e nei testi sacri si parli di speranza: quella “speranza che sta all’inizio dell’Universo, è anche una tenue fiammella che sta a noi coltivare, come insegna il Dao de jing, nella mansuetudine, nella moderazione, nella discrezione. Ed è pure un obiettivo, un frutto della solidarietà, del sostegno reciproco tra sorelle e fratelli nel cammino, unitario ma plurale, verso un’umanità riconciliata e purificata”. Ideali – ricorda – che hanno ispirato, 11 anni fa, la nascita e l’opera del Gruppo di studio e formazione “IPC” presso l’Ambrosiana. Ideali inoltre che non possono venire meno “in questo Anno Santo del Giubileo” in cui il papa ha aperto Porte di speranza in Ospedali, carceri e altro.
Con la relazione “La ricerca scientifica: speranza per il malato” Don Paolo Fontana (Responsabile della Pastorale della Salute, Diocesi di Milano) ha approfondito il tema del rapporto tra scienza e speranza, passando per la dimensione della cultura la quale rimodella la coscienza delle persone. Dunque, una condivisione della cultura e la necessità di una logica comune del sapere, come costruzione di una comune visione del mondo che apra alla visione di senso: la domanda di senso – afferma Don Fontana – è infatti il fondamento di ogni speranza, quella psicologica e quella che chiamiamo virtù morale: quest’ultima è di fatto la virtù della speranza ‘in azione’ cioè un impegno a ‘rileggere i beni della vita’ come un ‘segno’ anticipato del futuro, un oltre, un altro, un di più che altrimenti non si vedrebbe senza la virtù. Poiché – citando Benedetto XVI – “gli uomini sanno nell’insieme che la loro vita non finisce nel vuoto; solo quando il futuro è certo come realtà positiva, diventa vivibile anche il presente”.
“Ricerca ed Etica: un connubio essenziale” è stato il tema svolto sinteticamente dal Prof. Antonio Frizziero, che ha sottolineato come la ricerca sia una strada da percorrere in libertà, finalizzata alla conoscenza per miglioramenti di vita. Ma questo percorso – ha parimenti sottolineato – deve essere eticamente guidato. Poiché la cultura nella quale siamo immersi ci condiziona fortemente nella visione di quello che è il giusto comportamento, di conseguenza anche l’etica nella ricerca cambia a seconda del tipo di cultura: è dunque necessario dare un senso ai percorsi di conoscenza.
La considerazione del tema della ‘ricerca’ assume un aspetto di normalità (e di eccellenza) in strutture sanitarie-riabilitative come la realtà del Gaetano Pini di Milano e i suoi specifici Dipartimenti. Un legame tematico-scientifico con iniziative di studi e meeting internazionali, come quello svoltosi a Teramo nel recente 2023 “La Scienza per la Pace – Nuovi discepoli della conoscenza: il metodo scientifico nel cambiamento d’epoca”.
Nell’ambito degli interventi del convegno milanese dell’11 febbraio è stato perciò presentato il libro che raccoglie gli Atti del citato Meeting di Teramo, con Introduzione di Mons. Dario E. Viganò. Le riflessioni presenti negli Atti ci spingono ad esaminare in modo critico il futuro della scienza e il suo ruolo nella costruzione di un mondo migliore.
Ma il Convegno milanese ha offerto anche l’occasione di presentare il libro di Claudio Dell’Orto (Cappellano Polo Riabilitativo FFO, ASST Pini-CTO), come “Itinerario di speranza nella malattia”: l’autore ci regala un racconto in prima persona sulla relazione di ‘amicizia’ con la malattia che da qualche anno lo accompagna nel percorso della vita.
A Don Simone Fioraso (Cappellano ASST Pini-CTO) il compito di esprimere le riflessioni conclusive, chiedendosi dunque “come coltivare la speranza?”. “Ci si rende conto di essere angeli di speranza, messaggeri di Dio, gli uni per gli altri, tutti insieme, medici, malati, infermieri, amici, sacerdoti, religiosi, religiose”. Al proposito, ha ricordato varie definizioni di speranza tra cui quella pronunciata dal card. Martini: “la speranza è come un vulcano dentro di noi, come una sorgente segreta che zampilla nel cuore, come una primavera che scoppia nell’intimo dell’anima, essa ci coinvolge come un vortice divino, nel quale veniamo inseriti per grazia di Dio…”. La speranza – secondo Don Simone – è vita e senza di essa non siamo uomini e cristiani, anzi non siamo neanche esseri umani capaci di sostenere il peso dell’esistenza. La speranza è necessaria come l’acqua, come il pane, il respiro. Nella Giornata del Malato – conclude citando il papa – “fate sì che questo sia un giorno di incontro, di dono, di condivisione e non fate che questo sia un giorno di passaggio”.
Un giorno, e un convegno, culminati con la S. Messa presieduta da S.E. Mons. Giuseppe Vegezzi (Vicario Episcopale Diocesi di Milano) e allietati dai canti e musiche del Coro Gospel ‘Rejoice’.